
Ceserana, con il paese addossato alla chiesa e alla rocca, sorge sulla riva sinistra del Serchio, nella parte meridionale dell’antica provincia estense di Garfagnana. La Chiesa di Sant’Andrea è citata in una bolla papale del 1168, e anche se rimaneggiata conserva i suoi caratteri romanici con un’abside in cui sono inseriti capitelli scolpiti e strette monofore. La parrocchiale si trova dentro la struttura difensiva, e il campanile è stato ricostruito probabilmente sui ruderi di una torre medievale. Enclave sottomessa agli Este in territorio prevalentemente lucchese, ha da sempre necessitato di un sistema di difesa efficiente, soprattutto per contrastare gli attacchi mossi dal soprastante paese di Lupinaia. Risale alla seconda metà del Quattrocento la ristrutturazione dell’antico fortilizio, anche per garantire la resistenza delle originarie mura, strette ed alte, alla potenza di fuoco dell’artiglieria dell’epoca. Occupata anche da banditi della stirpe del Moro del Sillico, nel XVII secolo fu di nuovo restaurata, dotandola di torrioni semicircolari che ancora si vedono. Nel 1983 il Comune di Fosciandora ha acquistato, dai discendenti dell’ultimo castellano settecentesco, il forte, riportandolo alla vista nell’originaria forma e dimensioni.
Il colle di Ceserana e la bianca Chiesa di Sant’Andrea non possono non notarsi, fin dal fondovalle, e invitano a salire per una breve visita. A destra della chiesa si può notare un fabbricato che, in origine destinato ad abitazione del parroco, divenne poi sede del castellano fino a che, nel 1983, i discendenti dell’ultimo comandante, decisero di vendere il fortilizio al Comune di Fosciandora. Tutto attorno il camminamento del corpo di guardia, le torri semicircolari, il pozzo con la cisterna per l’acqua e le feritorie, soprattutto rivolte verso Lupinaia, antica rivale lucchese. Da godere l’abside di Sant’Andrea, dotata distrette feritoie e capitelli romanici finemente scolpiti.
Le storie dei “ciciorani”. Fin dal Settecento ci sono storie sulle buffe abitudini degli abitanti di Ceserana: “aveva una fonte d’acqua viva, e si risolse il Comune, per non avere, sempre che si cuocevano le vivande, a salarle, di comprare una gran quantità disale e salar bene l’acqua della fonte, pensando che per far così, l’acqua dovesse per sempre restar salata, senza più avere a salare le vivande, che dovessero cucinare” (Sigismondo Bertacchi).