Scopri la Garfagnana

A Tavola

La gente di montagna non ha mai avuto molto tempo da passare ai fornelli, assorta com’era e come è dietro al lavoro dei campi e nei boschi, alle stalle o ai pascoli di montagna. Ecco allora una cucina frugale, ma ricca e sostanziosa, con molti piatti unici, una cucina che risponde alle precise esigenze di una intensa vita quotidiana.
Non per questo mancano i sapori, le armonie che qui vengono esaltate dalla genuinità e dalla qualità degli ingredienti. L’aria, la terra , le acque conferiscono ai prodotti caratteri gustativi inimitabili, ma dietro ognuno di essi si potranno scoprire tradizioni secolari, riti e momenti che coinvolgono lo scorrere lento del tempo in questa valle così ricca di profumi e di colori.
Ogni prodotto assume così un significato completo rispetto al solo elemento gastronomico, fatto non solo di gusto, ma anche di sensazioni ed emozioni.

Gusti, sapori e nomi di un tempo

Dal Granoturco (rea mais) 8 file della Garfagnana, detto anche “Formentone”, macinato nei mulini ad acqua si ottiene la farina per fare la polenta gialla, alimento insostituibile presente su tutte le tavole contadine per diversi mesi all’anno.
La polenta, accompagnata dai funghi in umido, dal coniglio alla cacciatora, dal baccalà, oppure incaciata con ragù e formaggio grattugiato, profumata con una sola aringa, il “salacchin”, se proprio in casa non c’era altro, era il piatto unico per eccellenza.
E per non sciupare proprio niente, finito il prosciutto, si prende l’osso, si bolle per circa tre ore con fagioli e cavolo nero aromatizzati da un soffritto di cipolla, carota, sedano aglio e una fetta di lardo, nel brodo così ottenuto si fa cuocere la farina di formenton, mestando frequentemente per altri 45 minuti.
L’infarinata, così si chiama questa polenta, è ottima sia mangiata calda sia, tagliata a fette, una volta fredda, e fritta nello strutto.

Il marchio europeo di denominazione di origine protetta, contraddistingue la genuinità e il processo di lavorazione della farina di castagne in Garfagnana. In autunno i preziosi frutti del castagno vengono raccolti a mano, essiccati per quaranta giorni nei metati, strutture in legno e pietra costruite nelle selve, dove il fuoco viene alimentato esclusivamente con legna di castagno. Dopo un’accurata selezione manuale le castagne secche vengono macinate nei mulini ad acqua da pietre speciali, e trasformate in farina dal morbido e delicato profumo, utilizzata per la tradizionale polenta o per i dolci, come il castagnaccio o i necci con la ricotta.

 

La ricetta della Polenta di Neccio

Nel paiolo, quando l’acqua, leggermente salata, bolle, si getta lentamente la farina di neccio e si sbatte con il “meston” per non far formare grumi, si lascia cuocere per circa mezz’ora, poi si rovescia la polenta sul tavoletto e si preparano le fette tagliandole con il “cavicchio”, il piatto si accompagna con gli ossi di maiale conservati in salamoia, lessati, con il biroldo o la pancetta fritti nell’aceto. Una versione più morbida, i Manafregoli, viene servita con latte, ricotta o panna fresca, è destinata prevalentemente ai bambini e alle donne che allattano o a chi non ama i contrasti forti dolce- salato, della polenta classica.

Il marchio europeo di Indicazione Geografica Protetta, ottenuto nel 1996 garantisce la genuinità di questo antichissimo cereale, base dell´alimentazione delle popolazioni Romane e prima ancora degli Egizi e dei Babilonesi.
La sua coltivazione si tramanda da secoli in Garfagnana nei terreni della media e alta collina maggiormente vocati, non subisce trattamenti chimici, viene raccolto e brillato nelle zona di produzione.
Tradizionalmente usato per la realizzazione della zuppa e delle torte salate, è anche la base ideale per primi piatti e insalate in sostituzione del riso.

 

La ricetta della Zuppa di Farro
(ingredienti per 6 persone)
300 gr di Farro della Garfagnana IGP
1000 gr di patate
500 gr di fagioli
3 foglie di bietola

Preparazione: soffriggere una fetta di lardo con carota, cipolla e sedano tritati.
Aggiungere le patate precedentemente sminuzzate e i fagioli che avremmo ammollato in precedenza, si lascia rosolare e poi si aggiunge acqua e si porta a cottura come una normale minestra di verdura a cui si aggiunge il farro, che non necessita di ammollo e lo si fa cuocere per circa 30 minuti, avendo cura di girare frequentemente. Condire con olio extra vergine di oliva.

Le greggi che pascolano le profumate erbe delle praterie di montagna producono un latte di eccezionale qualità che viene quasi esclusivamente utilizzato per la produzione del pregiato pecorino, un formaggio dall’aroma deciso ed intenso, molto apprezzato e ricercato, che può essere acquistato direttamente dai produttori o nei caseifici artigianali che hanno saputo conservare i tradizionali sistemi di caseificazione.
Un pecorino d’eccellenza è quello ottenuto lavorando il latte crudo delle pecore garfagnine, una razza locale, patrimonio genetico in via di estinzione, che la Regione Toscana insieme ad alcuni allevatori sta cercando di recuperare alla produzione.
La cagiotta invece è un formaggio fresco di latte di vacca o misto, più basso e schiacciato, perfetto per accompagnare le focacce leve e le crisciolette.

I frutti antichi come la mela casciana, quella del giappone, le sorbe, le pere verdine o quelle dal macon, sono tante le varietà locali che agricoltori custodi stanno conservando per non perdere i sapori di una tradizione antica. Alcune si prestano benissimo alla cottura, le teglie di mele e di pere caramellate, cotte nel forno a legna, una volta tolto il pane, sono un ricordo indelebile dell’infanzia di tutti i garfagnini.

Così come, profumatissimi e colorati, i frutti di bosco: mirtilli, more, ribes, lamponi, fragole mangiati freschi, con la ricotta o il gelato, trasformati in confetture e sciroppi per portare nel freddo e lungo inverno il ricordo del caldo sole dell’estate. Uno dei pochi liquori, oltre alla grappa, presenti nelle case, era il Maraschino, ottenuto facendo macerare al sole le marasche, varietà di ciliegia che si distingue da tutte le altre classificate come cerage, a cui va lasciato un pezzetto di picciolo, messe in un vaso con lo zucchero. Quando lo zucchero è ben sciolto (circa tre giorni) si aggiunge una miscela di sassolino, rhum anice e cognac. Si lascia riposare per almeno un mese.

Nella cucina tradizionale fagioli e lenticchie sono in associazione con i cereali e la carne di maiale la base di moltissimi piatti, ancora oggi, nei terreni fertili e sabbiosi lungo il corso del fiume Serchio detti, appunto, “fagiolaie” si coltivano varietà locali di fagioli, come il giallorino, lo scritto, il fico o il mascherino.

La ricetta dei Tajarini con i Fagioli
La base di questa semplice e gustosa ricetta è un brodo denso ottenuto facendo cuocere, insieme all’immancabile soffritto con il lardo, fagioli (precedentemente ammollati) e patate. I Tajarini ( fettuccine) si fanno impastando farina di grano, uova, acqua e sale, la pasta così ottenuta si spiana con il mattarello, poi si arrotola e si taglia con il coltello, ottenendo delle striscioline sottili che si cuociono nel brodo bollente. Il piatto diventa ancora migliore se lasciato riposare e mangiato il giorno successivo

La Garfagnana è famosa per i suoi funghi. Dai castagneti alle faggete, ogni luogo è buono per raccogliere questi prelibati frutti del sottobosco.

Sicuramente più ricercato è il porcino con le sue diverse specie, ma gli esperti possono trovare in Garfagnana moltissime varietà di funghi commestibili. Numerose e raccolte in un unico calendario sono le mostre micologiche che insegnano a riconoscere le diverse specie, il servizio sanitario della ASL certifica la sicurezza di quanto raccolto e se non si è proprio degli esperti è bene astenersi dal mangiare funghi di cui non siamo certi della loro commestibilità.

Norme per la raccolta dei funghi:
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Se c’è un animale che può essere considerato essenziale per il suo ruolo nella alimentazione e nella tradizione gastronomica della Garfagnana questo sicuramente è il maiale del quale vengono utilizzate tutte le sue parti.
La preparazione delle carni costituisce un “rito” al quale partecipa tutta la famiglia, fra i salumi più tradizionali: il biroldo, presidio slow food, è un insaccato a forma di pagnotta, dal diametro di circa 20 cm.Ha un colore rosso scuro, una consistenza abbastanza morbida e un intenso profumo di spezie ed aromi; viene prodotto con frammenti grossolani di alcune parti del suino mischiati al sangue.
La mondiola, una sorta di salame dalla caratteristica forma a U legato alle estremità, con al centro una foglia di alloro, consistenza morbida, profumo speziato.
Il prosciutto, re dei salumi, ben stagionato, sapido, lavorato mantenendo parte della zampa per facilitarne la sospensione in cantina, viene spesso chiamato bazzone.

Fin dall’antichità le trote provenienti dalle acque fresche e cristalline dei torrenti erano molto apprezzate sia per il consumo fresco, sia conservate con uno speciale procedimento detto “marinatura”. Anche oggi la moderna dietologia considera la trota un’alimento fondamentale per la facile digeribilità delle sue carni e per il ridotto contenuto di grassi.
Nella Valle del Serchio vivono due varietà di trote: la “fario” trova il suo habitat ideale nelle acque più fresche ed ossigenate dei torrenti in quota, la “iridea” predilige, invece, acque un pò più calde e tranquille; entrambe le varietà sono molto pregiate e si possono trovare anche presso i numerosi allevatori che producono trote per consumo fresco e per il ripopolamento.
La Comunità europea ha riconosciuto le acque della Valle del Serchio come zona indenne da malattie che abitualmente colpiscono questi pesci.

La ricetta della Trota marinata
Sfilettare la trota in pezzetti da 4 cm. Passare i pezzi nella farina bianca e rosolarli in una padella con olio d’olia. Una volta rosolati sistemarli in una terrina; aggiungere al fondo di cottura mezzo bicchiere di aceto di vino, una manciata di prezzemolo tritato con mezzo spicchio d’aglio e un piccolo peperoncino. Soffriggere il tutto per circa due minuti e versare il liquido ben caldo sulle trote nella terrina. Coprire con un coperchio. Così marinata la trota si conserva anche per una settimana, è ottima da servire come stuzzicante antipasto

Si è costituita nel 2017 grazie ad un progetto pilota, realizzato dall’Unione Comuni Garfagnana, voluto dalla Regione Toscana e finanziato da Terre Regionali Toscane, con la sottoscrizione della Carta della Comunità da parte di 54 aderenti, di cui 31 coltivatori e allevatori custodi di razze e varietà locali. Il 46% sono aziende agricole, 9% sono associazioni e 44% consumatori finali (GAS, Ristoranti, negozi).

 

 

La rete nasce con lo scopo di sviluppare e valorizzare le produzioni locali, facendo particolare attenzione alla conservazione della biodiversità agricola e degli ecosistemi, basandosi sui questi principi fondamentali:
Cibo buono: i prodotti devono essere di buona qualità;
Cibo etico: i produttori devono ricevere una remunerazione giusta, adeguata al lavoro svolto e alla qualità del prodotto e, a loro volta, devono proporre i loro prodotti a prezzi equi e trasparenti. Nella filiera non devono esistere discriminazioni basate sul genere, sulle credenze politiche o religiose. Deve essere escluso lo sfruttamento.
Cibo sostenibile: le tecniche produttive devono essere il più possibile sostenibili a livello ambientale, non necessariamente certificate biologiche, devono essere messe in pratica secondo i principi della agroecologia, nel rispetto del benessere animale e della salute dei consumatori.

Informazioni Comunità del cibo della Garfagnana

Mail: apscomunitacibogarfagnana@gmail.com

Il vino prodotto un tempo in Garfagnana era talmente aspro e poco alcolico che durante una visita pastorale alla parrocchia di Sassi, il Vescovo ebbe così a commentare il vino che gli venne offerto: ” Se è di sassi è anche buono, ma se dovesse essere di uva tagliate al calcio quelle viti!!”
Lo Striscino o Zezzoron, così veniva chiamato quel vino, oggi è solo un ricordo. Complice un’ accurata scelta dei vitigni, una corretta vinificazione, e probabilmente anche il cambiamento climatico, la qualità del vino è notevolmente migliorata fino a raggiungere punte di eccellenza nella produzione biodinamica delle vigne di Fiattone, o nei vigneti di montagna a Careggine.

Il Vivaio dell’Unione Comuni Garfagnana ha catalogato oltre 100 varietà di viti un tempo coltivate in Garfagnana, di cui 25 autoctone. Tra queste alcune varietà producono ottimo spumante altre venivano utilizzate per produrre il Vin di Grana, ovvero il passito.

In Garfagnana a maggio, ci sono giorni in cui  il profumo delle acacie in fiore è talmente inebriante da stordire i sensi.  Su quei fiori bottinano le api per regalarci un miele di colore bianco ambrato, aroma leggero, sapore molto dolce e delicato. Bassissima tendenza alla cristallizzazione  queste  le caratteristiche del Miele di Acacia della Garfagnana.
Tra giugno e luglio l’altra grande fioritura, quella dei boschi di castagno, per  un miele di colore ambrato scuro con tonalità rossastre, aroma molto intenso, sapore forte e persistente, tendenzialmente amaro. Lenta tendenza alla cristallizzazione.
Altro miele monoflora è quello di erica, già in fiore ad inizio primavera, invece quando le fioriture sono tante e una non prevale sull’altra, ecco il Millefiori o,avvicinandosi all’autunno, il Miele di melata.
Il Marchio collettivo APIGARFAGNANA garantisce l’origine e la qualità del Miele della Garfagnana, prodotto da oltre 50 associati.

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