Garfagnana, l’isola verde della Toscana è una valle che, pur vicina ad importanti centri storici come Lucca, Pisa, Firenze ed alla sfavillante e mondana Versilia, è rimasta chiusa in se stessa, vivendo una propria storia e costruendosi una spiccata identità che tutt’oggi conserva.
Le Alpi Apuane, che la dividono ad ovest dal mar Tirreno e gli Appennini ad est, racchiudono la valle come in uno scrigno e neppure le storiche vie che la attraversavano, come la Clodia o la settecentesca Via Vandelli, che da Modena portava a Massa, attraversando arditamente le Apuane al Passo della Tambura, hanno contribuito a ridurre questo isolamento.
Garfagnana: letteralmente Grande Foresta, così questa valle appariva ai suoi primi visitatori ed ancora oggi si rimane stupiti davanti all’estensione rigogliosa dei suoi boschi. Impiantati dall’uomo, curati e coltivati quello di castagno fino ai 1000 metri di quota, selvaggi, intricati, infiniti quelli di faggio che si spingono in alto, oltre i 1700 metri e, anno dopo anno, cercano di riconquistare le cime nude delle montagne.
In questa immensa massa verde compaiono, quasi all’improvviso arroccati su una collina, adagiati sugli altopiani che degradano verso il fiume, a strapiombo su vertiginose pareti rocciose, i numerosi, piccoli centri abitati che caratterizzano la valle. Tra le strette vie carraie, all’interno delle medievali mura difensive, il tempo scorre lento; i ritmi sono quelli di altri tempi, i giochi dei ragazzi gli stessi da secoli, le “botteghe” hanno un profumo antico.
Una valle e la sua gente
I Garfagnini sono stati per secoli contadini, pastori, boscaioli, cavatori; oggi sono per la maggior parte operai, artigiani, impiegati e commercianti ma tutti conservano vive le loro radici e i valori di un tempo. Anche in cucina questa “tradizionalità” è ancora viva, specchio di gente abituata al lavoro, bisognosa di contenuti più che di forme, tipica dell’alimentazione di montagna.
Qui le castagne sono state il cibo principale per intere generazioni assicurando nutrimento anche quando i periodi storici non sono stati dei più felici. Ecco allora la “polenta di neccio”, come si chiama qui la farina di castagne, ora con marchio DOP, spesso accompagnata con gli “ossi di maiale” o le “tullore” (castagne secche bollite nel latte).
Le carni sono sostanzialmente quelle di maiale o degli altri animali da cortile, ma anche le trote, famose già al tempo dei Medici, compaiono spesso sulla tavola. Poi c’è il farro, oggi garantito dal marchio di indicazione geografica protetta, usato nelle minestre, nelle torte salate e nei “farotti”, e ancora la polenta di granturco o come la chiamano qua “di formenton otto file”, i fagioli giallorini, e i dolci, semplici e ancora di farina castagne il “castagnaccio e i necci”, più elaborata, quasi una ricetta che ogni massaia tiene segreta, quella della “pasimata”, tipico dolce del periodo pasquale.
Tanti e gustosi i motivi per venire in Garfagnana e, siamo sicuri, una volta scoperto questa angolo nascosto della Toscana, vi sarà difficile non tornarci spesso.